A fronte di superamenti dei livelli del particolato sottile ampiamente prevedibili, nessuna limitazione alle attività responsabili dell’accumulo di inquinanti
Legambiente: “In Lombardia nessuna strategia utile alla prevenzione del danno da smog, a pagare sono i cittadini: bisogna agire sulla base dei dati previsionali e non alla fine dell’emergenza.”
Mentre Regione Lombardia rimane su un binario morto, e il Comune di Milano nega l’evidenza dei dati ARPA che, ieri, hanno fatto registrare livelli di PM2.5 di 118 microgrammi/mc come media giornaliera – un valore 24 volte più alto dei livelli raccomandati dall’OMS su base annuale – si respira dappertutto aria tossica, senza se e senza ma. L’azione amministrativa che dovrebbe tutelare la salute di tutti latita, e l’unica politica efficiente è l’attesa che, dopo giorni di sofferenza, le condizioni meteorologiche facciano il miracolo, come sembra avverrà, gradualmente, già a partire da domani.
Su scala regionale, fino ad oggi non è stata prevista nessuna limitazione nemmeno per l’attività che maggiormente contribuisce all’aumento del particolato sottile, ovvero lo spandimento di liquami zootecnici, in tutti i campi lombardi.
Siamo al paradosso di dover attendere che si concluda un’emergenza conclamata, oltre che chiaramente prevedibile, in Lombardia così come nel resto del bacino padano, per attivare quelle procedure emergenziali che dovrebbero servire a prevenirla! Il protocollo regionale, infatti, prevede che le misure di prevenzione e di limitazione si attivino dopo almeno cinque giorni di superamento, con relativo accumulo degli inquinanti. Da domani, quando le condizioni meteo sono date in miglioramento, si attiveranno quindi le misure di primo livello. In Lombardia la salute dei cittadini non aspetta tempi lunghi solo per ottenere una diagnosi, visti i tempi del sistema sanitario; ma anche per evitare, con misure preventive, che quella diagnosi debba essere richiesta.
Le cose non vanno meglio a livello cittadino. In una intervista nella quale i giornalisti chiedevano un commento sulla recente classifica nella quale Milano sarebbe oggi la seconda città più inquinata al mondo tra quelle che ne compongono il campione, il sindaco Sala si è detto “seccato” di rispondere alle domande dei giornalisti su una questione come questa. Lasciando da parte le classifiche ma guardando i fatti, il Comune di Milano non ha da parte sua ritenuto di fare qualcosa di diverso che aspettare le direttive regionali. Cioè, nulla, al di là delle pur necessarie politiche di lungo periodo, che però se non sono sufficienti in condizioni ordinarie, sono del tutto inutili a fronteggiare una emergenza sanitaria.
Risultato: ieri Milano, con i 118 microgrammi per metro cubo di PM 2.5 e i 136 di PM10 alla centralina di via Senato, ha toccato il picco di una crisi di inquinamento i cui livelli non sono mai stati eguagliati dal gennaio 2017. Anche qui non stiamo parlando di un fulmine a ciel sereno, ma di un episodio da tempo previsto dai servizi meteorologici, che già la scorsa settimana informavano del rischio di raggiungere livelli di PM10 analoghi a quelli effettivamente misurati.
“La totale inadeguatezza delle risposte agli episodi di inquinamento di questo inizio 2024 hanno azzerato la residua fiducia verso amministrazioni evidentemente irresponsabili riguardo agli effetti sanitari dell’inquinamento,” dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Alla luce dei fatti, le istituzioni pubbliche della Lombardia risultano evidentemente, e colpevolmente, sprovviste di strumenti per la prevenzione e gestione delle emergenze sanitarie. L’immobilismo delle istituzioni non è compatibile con i diritti fondamentali di tutela della salute dei cittadini.”
“I dati diffusi da IQAir sulla qualità dell’aria di Milano vanno contestualizzati in uno scenario più ampio e complesso di quanto emerso oggi, altrimenti si rischia di fare confusione e di perdere di vista le reali criticità ma soprattutto gli obiettivi di risanamento di qualità dell’aria da raggiungere,” dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. “Da anni con il report Mal’aria di città denunciamo l’emergenza cronica dell’inquinamento atmosferico che soffoca la nostra penisola e che trova, soprattutto in pianura padana, la sua area più vulnerabile. Qui a pesare è anche l’effetto degli allevamenti intensivi e dell’agricoltura. Il risultato finale è una Milano che oggi passa agli onori della cronaca internazionale come una delle città più inquinate al mondo. Per risolvere il problema dell’inquinamento atmosferico tutelando la salute dei cittadini e garantire città più vivibili, è fondamentale una sinergia su più livelli tra Governo, Regioni e Comuni ai quali lanciamo un appello. Si introduca una vera e propria rivoluzione urbana con misure strutturali e integrate che abbiano al centro una mobilità sempre più sostenibile, il trasporto pubblico locale che deve essere maggiormente incentivato, e prevedendo al tempo stesso azioni concrete per contrastare anche le altre fonti inquinanti come riscaldamento e agricoltura. Non si perda altro tempo”.
Legambiente ricorda che nel 2023, secondo l’ultimo report di Mal’aria di città, 18 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di PM10. Ben 16 delle 18 città si trovano nel bacino padano e 6 sono lombarde (Mantova 62, Milano 49, Cremona 46, Lodi 43, Brescia e Monza 40.
I dati per questo inizio 2024, rilevati da ARPA e elaborati da Legambiente Lombardia, fanno temere, per le città della Lombardia, un 2024 decisamente peggiore.