Qualità dell’aria in Lombardia: la strada è ancora lunga e richiede alla politica una capacità di visione per ora fuori dai radar del governo regionale

Le emergenze smog in Lombardia richiedono un diverso protocollo di gestione per prevenire e mitigare i danni

Legambiente: “Regione Lombardia smetta di fare il pesce in barile, serve una nuova generazione di politiche per la lotta agli inquinanti”

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Nessuno può negare che l’aria in Lombardia sia migliorata dagli anni Ottanta del Novecento, soprattutto grazie alla spinta delle politiche europee sulle motorizzazioni e sulle emissioni industriali, ma anche per le buone iniziative assunte dal governo regionale negli anni a cavallo del cambio di millennio. Si pensi, in particolare, alla forte spinta al miglioramento degli impianti di riscaldamento e all’abbandono dei combustibili più inquinanti, dal carbone all’olio combustibile e al gasolio.

L’effetto di quelle misure si è però quasi esaurito. Serve una nuova generazione di politiche che non possono prescindere dalla volontà della Lombardia di assumere un ruolo guida nella transizione ecologica, in particolare nei due ambiti più cruciali per la qualità dell’aria: quello della mobilità di persone e merci, e quello delle politiche agricole.

“La litania di dati che l’assessore Maione ripete a ogni piè sospinto non serve a tranquillizzare tutti su una criticità ambientale e sanitaria che resta tale,” commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Nei primi due mesi del 2024 Milano ha già fatto segnare 32 giorni di superamento della soglia critica dei 50 microgrammi di PM10 per metro cubo, dei quali ben 8 con livelli di particolato sospeso addirittura più che doppi rispetto a quella soglia, arrivando a misurare fino a 136 microgrammi di PM10 per metro cubo. Ci mancherebbe altro che la qualità dell’aria non migliorasse,” continua Meggetto, “migliora però anche la consapevolezza sui danni sanitari e si fanno di conseguenza più stringenti anche i limiti. Ci vogliono novità politiche, non inutili resoconti.”

Le nuove politiche, secondo il Cigno Verde, devono essere incardinate nella transizione ecologica, di cui la Lombardia, proprio per la sua criticità ambientale, può e deve interpretare un ruolo guida, con particolare riferimento alle principali fonti emissive, in particolare nel settore dei trasporti, in cui le stelle polari dovrebbero essere la messa al bando delle motorizzazioni diesel, la mobilità urbana sostenibile e l’elettrificazione della mobilità privata e commerciale; e in quello dell’agricoltura, dove è sempre più chiara l’insostenibilità del modello di allevamento intensivo basato sulla concentrazione di un numero eccessivo di capi bovini e suini in rapporto all’estensione del territorio agricolo lombardo.

“Anche in una tendenza di lento miglioramento della qualità dell’aria possono verificarsi episodi di forte criticità, che espongono a grave pericolo la salute di decine di migliaia di cittadini lombardi,” aggiunge Damiano Di Simine, responsabile scientifico Legambiente Lombardia. “La Lombardia ha dimostrato di non essere attrezzata per prevenirne e mitigarne gli effetti. Occorre impostare un protocollo per la gestione delle crisi da smog completamente diverso da quello oggi in vigore, e che nell’ultimo gravissimo episodio di inquinamento ha attivato le prime misure solo quando il picco di smog era stato superato.”

Non occorre inventarsi nulla: basta copiare le misure già in vigore in Emilia-Romagna, oltre ovviamente a potenziare gli inesistenti controlli sui veicoli circolanti e sugli spandimenti di liquami agricoli. L’accusa di Legambiente è al protocollo lombardo per l’attivazione delle misure di emergenza, attivatosi, nell’ultimo episodio di grave inquinamento atmosferico, solo otto giorni dopo l’inizio dell’accumulo di inquinanti, lasciando che per tutta la fase di aumento delle concentrazioni non ci fosse alcuna limitazione né alla circolazione di veicoli, né allo spandimento di liquami zootecnici su decine di migliaia di ettari coltivati.

Di fatto, secondo Legambiente, la Regione ha lasciato ‘licenza di inquinare’ proprio nei giorni in cui era cruciale limitare le emissioni in atmosfera per evitare di raggiungere i picchi di inquinamento misurati. Al contrario, nella confinante regione Emilia-Romagna, che segue un protocollo di attivazione diverso e basato, oltre che sulle misure delle centraline, anche sui modelli meteorologici, le misure sono state attivate dai primissimi giorni dell’episodio di smog. Un’applicazione più tempestiva delle misure di limitazione, se non può impedire le condizioni di accumulo di inquinanti legati a fenomeni meteorologici quasi sempre prevedibili con precisione, può però limitare i danni, riducendo i picchi di concentrazioni inquinanti.

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