In Lombardia 23 impianti di risalita dismessi, 2 temporaneamente chiusi. Progetti impattanti e situazioni di degrado e abbandono minacciano paesaggi ed ecosistemi già compromessi dal cambiamento climatico

La pandemia ha acuito il bisogno sempre più spiccato di attività all’aria aperta, ha fatto riscoprire il piacere del contatto con la natura. In una regione che conta il 41% della superficie montuosa, i lombardi hanno riscoperto la montagna e gli sport alpini puntando su un turismo lento e rispettoso che, se valorizzato da politiche mirate, può diventare un fattore competitivo per il territorio, soprattutto alla luce della crisi che il comparto sciistico sta vivendo anche a causa delle precipitazioni nevose sempre più scarse, valorizzando i paesaggi, le risorse culturali, naturalistiche, gastronomiche che rendono inimitabile ogni località alpina. È un quadro certamente da tenere in considerazione quando si parla dello stato dell’arte del turismo invernale, nel quale si inserisce il dossier Nevediversa 2022 redatto da Legambiente, che annualmente ha l’obiettivo di illustrare le condizioni di impianti da sci dismessi o abbandonati e analizzare gli ingenti costi ambientali ed economici per sostentare il comparto sciistico con innevamento artificiale laddove gli effetti del cambiamento climatico sono tangibili nell’assenza di precipitazioni nevose. Si calcola, infatti, che con un metro cubo d’acqua si producono circa due metri cubi di neve artificiale con costi stimati per l’innevamento di un km di pista che possono raggiungere anche i 45.000 euro a stagione.

In Lombardia sono 23 gli impianti che risultano dismessi, per assenza cronica di neve, fallimenti, crisi economica, fine “vita tecnica” delle strutture poi non rinnovate e 2 temporaneamente chiusi, ma dal futuro incerto. Queste installazioni spesso lasciano sul territorio ruderi delle stazioni di partenza e arrivo, piloni in cemento armato abbandonati, cavi in acciaio non rimossi, come nel caso per esempio dello skilift sul Monte Poieto, nel Comune di Selvino – Aviatico (BG), dismesso addirittura negli anni ’60, la seggiovia sul Monte Arera nel Comune di Oltre Il Colle – Zambia Alta (BG) chiuso dal 2003, lo skilift sul Monte San Primo nel Comune di Bellagio (CO) fermo dal 2013, la funivia sui Monti Greggio e Sighignola nel Comune di Alta Valle Intelvi (CO) dismesso dal 2007, lo skilift sul Monte Tesoro nel Comune di Carenno (LC), lo skilift sull’Alpe Paglio nel Comune di Casargo (LC), la teleferica in località Entova – Scerscen nel Comune di Chiesa Valmalenco (SO) ferma dagli anni ‘90, gli edifici del villaggio turistico Alpiaz di Montecampione e il complesso Le Baite Al Plan che versano in stato di degrado da un decennio.

Nelle pagine del dossier ampio spazio trova anche l’analisi del progetto di ampliamento del demanio sciabile del Passo del Tonale – Cima Le Sorti, che dovrebbe creare un collegamento sia con la Val di Viso verso la Valtellina che con gli impianti del Trentino, in Valbiolo con 10km di nuove piste, 2 impianti di risalita e 5 stazioni. Si tratta di interventi siti all’interno del territorio del Parco dell’Adamello, proprio nel punto in cui questo si collega con l’area protetta più grande delle Alpi: il Parco dello Stelvio. L’investimento di 65 milioni di euro, promosso dal Comune di Ponte di Legno è già stato parzialmente finanziato dalla Regione Lombardia con 25 milioni di euro. Focus anche sulle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, riflettendo sulle vicende dell’eredità di Torino 2006 e dei Mondiali in Valtellina, preoccupa il destino delle nuove infrastrutture già approvate una volta terminati i Giochi.

SCARICA IL DOSSIER NEVEDIVERSA 2022

«Proprio in questo particolare periodo storico la montagna, per le caratteristiche che le sono proprie, può diventare uno straordinario spazio di sperimentazione della sostenibilità, dove iniziare con uno spostamento degli investimenti tradizionali dallo sci alpino verso attività alternative – sottolinea Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. È necessario ripensare la frequentazione di questi ecosistemi, delicati e spesso fortemente compromessi dall’attività umana, ponendo un freno all’uso smodato dell’innevamento artificiale e dei bacini, interrompendo i contributi per lo sci alpino a località sotto i 1500 metri, limitando il potenziamento dei grandi impianti ad alta quota dicendo stop alla proliferazione all’interno delle aree protette e dei siti Natura 2000. Dall’altro canto è importante promuovere le molteplici attività che si possono svolgere nella media e bassa montagna creando le condizioni per impiegare le risorse locali, umane e materiali; valorizzare le esperienze sostenibili positive, coinvolgere le comunità locali e avviare dei percorsi di formazione sull’emergenza climatica e sulla valorizzazione del territorio».

Impianti per gli sci dismessi, abbandonati, ormai vecchi e obsoleti, oppure strutture per gli sport invernali temporaneamente chiuse per mancanza di neve, per problemi economici o per fine vita tecnica. E poi casi di “accanimento terapeutico”, con impianti che vanno avanti grazie ai contributi dello Stato. A questi si affiancano, per fortuna, storie di riconversione e buone pratiche di un turismo soft e più sostenibile che lascia ben sperare. È il doppio volto della montagna legata allo sci alpino e al turismo invernale che Legambiente Lombardia ha voluto raccontare in un viaggio documentario “Nevediversa” attraverso le provincie di Sondrio, Bergamo e Brescia. Esempi emblematici di sfruttamento del territorio e di abbandono, una condizione che però non risparmia nemmeno le province di Lecco, Como e Varese. Il video è disponibile sul canale YouTube dell’associazione

Il dossier Nevediversa ha anche il compito di raccontare storie di riconversione e buone pratiche di un turismo soft e più sostenibile. Un caso di dismissione e rinaturalizzazione dell’area è nel comune di Albosaggia, in provincia di Sondrio, dove i resti di due impianti di risalita chiusi dal 1983, grazie al finanziamento del Comune al supporto del Parco delle Orobie Valtellinesi, sono stati completamente rimossi ed è stato ripristinato l’ambiente naturale. Il Comune, inoltre, ha in corso un progetto di riqualificazione dei maggenghi anche grazie alla corrente elettrica portata in quota da generatori alimentati da batterie recuperate e rigenerate da vecchie auto. Nel rapporto 2022 si legge anche l’esperienza positiva dell’albergo diffuso di Ornica, in provincia di Bergamo, gestito dalla cooperativa Donne di Montagna che ha avuto il merito di contribuire a creare attività economiche che fermassero lo spopolamento e ridessero vita alla comunità.  

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