I parametri più importanti sono stabili o in peggioramento, le politiche comunali sembrano non incidere quanto chiedono le normative europee
Preoccupano i dati della motorizzazione e del consumo di suolo, bene il verde, l’acqua e i rifiuti
Legambiente: “Senza politiche più stringenti i rischi ambientali aumentano, per raggiungere gli obiettivi europei ci vuole più determinazione.”
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Milano è cinquantaseiesima nella classifica di Ecosistema Urbano 2024, il report di Legambiente e Ambiente Italia sullo stato delle città. “In affanno”, com’è stata definita nel comunicato stampa nazionale, Milano mostra meno vitalità di quella necessaria alla soluzione dei principali nodi della transizione ecologica: dei venti indicatori esplorati dal rapporto Milano ne fa segnare in positivo solo sei, a fronte di nove peggioramenti e cinque invariati.
Il rapporto, elaborato sulla base dei dati inviati dai comuni e delle fonti statistiche, fotografa lo stato del territorio al 2022.
Luci e ombre: il capoluogo lombardo rimane un’eccellenza nell’offerta di trasporto collettivo, svettando al primo posto nazionale, dove però le strade pagano un tributo altissimo di vittime (100a posizione) a una motorizzazione ancora troppo disallineata alla media europea delle città di pari livello.
In questo settore pesa anche la deludente posizione nella classifica dei chilometri ciclabili, dove nonostante i tanti sforzi fatti la città è al sessantacinquesimo posto con 5,7 metri equivalenti di infrastrutture ciclabili ogni cento abitanti. Migliorano i dati sulla qualità dell’aria, con i parametri di NO2, PM 10 e 2,5, in miglioramento ma sempre al di sotto dei requisiti europei, con un solo giorno di sforamento dei limiti del PM10 rimasto da inizio anno, per di più all’inizio del mefitico periodo di inversione termica.
Migliora il recupero della dispersione della rete idrica, con un ottimo secondo posto nazionale che fa il paio con l’elevata qualità del servizio, dove però i consumi di acqua potabile sono stellari: in questo settore Milano è centoduesima in Italia. Bisogna quindi ridurre il consumo, in parte dovuto ai residenti ma anche alla ‘sete’ dei city user e ai turisti, che in questo modo sovraccaricano anche la capacità dei depuratori.
Sul consumo di suolo Milano vince facile, considerata la sua maturità di metropoli. Al pari delle altre grandi città è strutturalmente più efficiente nella allocazione delle funzioni insediative entro spazi limitati (il consumo di suolo pro-capite è il più basso d’Italia, 78,5 mq per abitante, contro una media calcolata per tutti i capoluoghi di 185 mq/ab), ma è un dato positivo solo da un punto di vista contabile.
La città ha in realtà da tempo saturato gran parte dei suoli, avendo impermeabilizzato il 59% del territorio amministrato. Proprio per questo sono preoccupanti i dati di bilancio negativo per il consumo di suolo che fanno misurare una perdita secca di cinquanta ettari di suolo libero nel biennio 2021-2022.
Non sono numeri alti al punto da compromettere la buona posizione in graduatoria (3a nell’uso efficiente del suolo e 7a nella tendenza del consumo di suolo), ma sono i peggiori dagli Anni Dieci e, soprattutto, riguardano una città che ha smesso di crescere in termini di popolazione. Un peggioramento che rivela la debolezza delle politiche di rigenerazione urbana: i vuoti continuano ad essere appetibili solo per la crescita di volumetrie, mentre le de-pavimentazioni restano episodi con mero valore di testimonianza, non promuovendo un migliore ripensamento degli spazi urbani.
“Le strategie messe in campo da Milano per il contrasto alla crisi climatica e alla qualità dello spazio urbano non sembrano ancora dare i risultati sperati,” commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “La sfida è superare i tanti ostacoli del passato, abbracciando la transizione ecologica come opportunità di innovazione. Senza politiche più stringenti i rischi ambientali aumentano, per raggiungere gli obiettivi europei ci vuole più determinazione.”