I piccoli comuni lasciati soli davanti ai colossi della logistica svendono il territorio per operazioni immobiliari che lasceranno in eredità gravi danni ambientali e sociali
Il 5 dicembre si celebra la Giornata Mondiale del suolo, istituita nel 2014 dalla FAO con l’obiettivo di promuovere la salvaguardia di questa risorsa, per il suo ruolo vitale nello sviluppo e nel mantenimento della vita sul nostro pianeta. Per richiamare l’attenzione sull’eccessivo consumo di suolo e il proliferare di capannoni dedicati alla logistica, che minacciano e frammentano gli ecosistemi, Legambiente Lombardia a sostegno del progetto europeo Soil4Life, ha inscenato un flashmob a Cortenuova, in un fazzoletto di terra ad uso agricolo circondato dai colossi di cemento e asfalto della logistica. In questo modo ha inteso denunciare come il “miracolo economico” costituito dalla grande espansione della logistica industriale in tutte le sue forme, dal magazzinaggio al delivery, si stia consumando in una assenza di coordinamento tra i diversi livelli di governo territoriale. A farne le spese è proprio il suolo, cementificato per trasformazioni che spesso assumono dimensioni extra-large, con piastre di cemento e asfalto sviluppate su superfici di decine di ettari, imprimendo duri colpi al paesaggio e all’economia agricola.
Secondo i dati del DAStU (Politecnico di Milano), in Lombardia esistono 3.393 aree dismesse che occupano una superficie di 4.984 ettari in 650 Comuni, di cui un terzo localizzato nella sola provincia di Milano. Si tratta di un valore pari a 10 volte la superficie degli insediamenti logistici realizzati nell’ultimo decennio (circa 5 milioni di mq coperti) in un’area che la Camera di Commercio di Milano ha identificato come “Regione Logistica Milanese” che comprende, oltre all’intera Lombardia, anche le province di Piacenza e Novara. Una vera e propria piattaforma logistica di livello continentale, per dimensioni del mercato e valore aggiunto, i cui numeri si confrontano con quelli di altre regioni logistiche europee, dalla Baviera all’Ile de France e alla Catalogna. Eppure, a fronte di questa immensa disponibilità di aree dismesse, in gran parte lasciate indietro dalle dismissioni industriali degli scorsi decenni, le nuove piastre logistiche, con poche eccezioni, puntano a far atterrare i propri enormi magazzini, centri di lavorazione e distribuzione su aree libere, terreni agricoli, spesso localizzati in piccoli o piccolissimi comuni della pianura lombarda. L’immobiliare logistico chiede superfici rapidamente disponibili alla trasformazione, per questo le aree agricole sono particolarmente appetibili: bassi costi e subito pronte per il cantiere, senza oneri per demolizioni, bonifiche e adempimenti autorizzativi, a patto di trovare un comune disponibile ad adeguare velocemente le destinazioni urbanistiche, limitando al massimo le intermediazioni.
«Il depotenziamento delle Province, che avrebbero dovuto essere un ente di governo e di gestione delle trasformazioni territoriali, ha lasciato i comuni soli a confrontarsi con i colossi dell’immobiliare logistico e con le loro committenze multinazionali, di fatto disarmando il territorio – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. I piccoli comuni sono quelli più facili da ingolosire, e allo stesso tempo quelli meno attrezzati a richiedere adeguate contropartite e compensazioni, che non siano le promesse di entrate fiscali e di posti di lavoro. Mancano leggi che arginino la discrezionalità con cui i comuni svendono il loro territorio, ma mancano anche meccanismi e investimenti pubblici volti a rendere agevole e accessibile il riuso dei siti dismessi, per favorirne il rientro nell’economia. La Regione, poi, ha le sue colpe: realizzando nuove autostrade, come la TEEM, la BreBeMi e, in futuro, la Cremona Mantova, si è preoccupata di rendere appetibili sempre più territori per gli insediamenti logistici, ma non di governare gli aspetti critici di sostenibilità sociale e ambientale dei nuovi insediamenti».
L’associazione ambientalista sottolinea come le logiche immobiliari di tipo predatorio nei confronti del territorio, che oggi sono prevalenti, lasceranno in eredità gravi e irrimediabili danni: non solo per la perdita di suolo agricolo, ma anche per le inevitabili tensioni sociali che verranno generate da una dislocazione ingovernata di attività e di lavoratori, in siti produttivi spesso sguarniti di accessibilità al trasporto pubblico, di servizi essenziali e di presidi sociali necessari a far fronte alle necessità dei dipendenti e delle loro famiglie.
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Tra i primi territori attenzionati dall’immobiliare logistico c’è la provincia di Pavia, particolarmente strategica sia per la sua prossimità al centro regionale che per la sua posizione lungo le direttrici che la collegano alla portualità ligure. Dopo i primi grandi parchi logistici, localizzati a nord della provincia (Siziano) e nell’Oltrepò (Broni e Stradella), ora al vaglio dell’Amministrazione Provinciale c’è una decina di progetti, per una superficie pari a circa 2 milioni di metri quadri, prevalentemente su aree agricole: tra questi c’è l’intervento promosso da Prologis Italia, su ben 26 ettari di terreni del comune di Trivolzio, comune pavese di 2000 abitanti. L’intervento richiede la realizzazione di una bretella stradale di circa 3 km per collegarsi al casello autostradale, opera avversata dai comitati e dai comuni vicini. A queste opposizioni la Provincia ha risposto con il riconoscimento della pubblica utilità, nonostante si tratti di un’opera che serve esclusivamente al proponente privato.
Anche la provincia di Cremona è terra di conquista per l’immobiliare logistico, e probabilmente lo sarà sempre di più in futuro vista la disponibilità di aree su cui, non a caso, insiste il progetto di Autostrada Cremona Mantova: un’opera fortemente voluta da Regione Lombardia e dalle due province interessate, nonostante le previsioni di traffico non giustifichino un intervento autostradale. La vera motivazione per una simile e costosissima infrastruttura, sottolinea Legambiente Lombardia, sembra proprio quella di farne un attrattore per investimenti immobiliari logistici. Nel frattempo, nella periferia di Cremona non si aspetta l’autostrada per valutare l’istanza di Logistics Capital Partners, il cui esito dovrebbe essere il sacrificio di un’area agricola di ben 30 ettari.
In provincia di Bergamo l’autostrada per la logistica è stata già fatta: è la famigerata BreBeMi, tre corsie vuote pronte per accogliere i flussi di camion che partiranno da quello che si prefigura come un vero e proprio distretto della logistica, già nato tra Cortenuova, dove MD ha localizzato i suoi magazzini e dove potrebbe sorgere un imponente interporto, Covo, con l’insediamento Italtrans, Cividate, dove c’è Amazon, Calcio dove, oltre ai due grossi insediamenti logistici già realizzati su oltre 40 ettari di suolo agricolo, è in programma un terzo contro il quale pende un ricorso di Legambiente, e Palosco dove recentemente è stato annunciato l’atterraggio di un nuovo, enorme polo logistico.
Un’alluvione di cemento quella che l’associazione ambientalista denuncia, che lungo il dipanarsi della BreBeMi arriva in provincia di Brescia, fino a Castrezzato e a Chiari, dove di recente l’amministrazione, dopo le disavventure del polo logistico ex-Auchan, ha dato il via al raddoppio, che comporterà la perdita di altri 20 ettari di campagna, e altri 20 ettari sono promessi alla logistica a Roccafranca, sempre a beneficio di società immobiliari che operano nel settore della logistica, tra le contestazioni di comitati e circoli di Legambiente.