L’associazione contesta la scelta di localizzare, su 70.000 m² di area agricola, un nuovo capannone industriale, destinato ad attività pericolose.
Legambiente: “Ancora un uso di procedure semplificate per stravolgere i piani urbanistici comunali? Diamoci un taglio.”
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Legambiente Lombardia annuncia di aver fatto ricorso al Presidente della Repubblica contro la scelta del Comune di Chiari di stravolgere il proprio piano urbanistico, modificando la destinazione di ben 200.000 mq. di territorio comunale per venire incontro alle richieste della Sandrini Metalli SpA, intenzionata a triplicare il proprio insediamento e volendo realizzare a questo scopo un nuovo edificio produttivo, destinato a cementificare un’area agricola di ben 70.000 mq.
Invece di migliorare l’ambito agricolo alle porte della città, il comune ha cioè autorizzato la costruzione di un impianto industriale, dove si lavoreranno metalli insieme a poliuretano e a lane minerali per produrre pannellature isolanti, sebbene la stessa area agricola sia classificata, dal piano urbanistico, nelle aree per la ricostruzione polivalente dell’agroecosistema.
“Nella regione che primeggia in Italia quanto a consumo di suolo, non possiamo più tollerare che si sprechino risorse preziose, anzitutto per l’equilibrio ambientale, oltre che per la produzione agricola,” dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Per questo, chiediamo a Regione Lombardia di dotarsi di una normativa più rigorosa, che limiti gli eccessi di discrezionalità con cui le amministrazioni locali ritengono di poter eludere le norme urbanistiche per assecondare aspettative che, ancorché legittime, devono trovare una composizione all’interno di una pianificazione urbana sostenibile, senza consumi di suolo come in questo caso evitabili.”
Quella che si andrà insediare nell’area immediatamente a Sud del centro abitato e a ridosso di una azienda agricola è una attività industriale che ARPA, nei suoi pareri, ha definito incompatibile sotto il profilo ambientale, trattandosi di impianto industriale ‘insalubre di Ia classe’ per il tipo di lavorazioni che vi vengono effettuate, oltre che per la necessità di utilizzare e stoccare sostanze chimiche pericolose per il rischio di esplosioni, tanto da rientrare nella categoria a ‘rischio di incidente rilevante’ per i dettami della ‘direttiva Seveso’.
Una scelta che richiederebbe di essere ben meditata in rapporto al tessuto insediativo, che vede nell’immediato intorno, oltre ad attività agricole e ortofrutticole, un nuovo polo scolastico e un villaggio residenziale in fase di avanzata realizzazione. Tutti aspetti che si associano al danno ambientale costituito dalla perdita e dalla impermeabilizzazione di una così vasta superficie e che, nel giudizio di Legambiente, supportata dall’avvocata Emanuela Beacco, non possono essere oggetto di una procedura urbanistica semplificata quale quella attivata dal SUAP (Sportello Unico Attività Produttive).
Il ricorso al SUAP, così come disciplinato dalla normativa, permette alle imprese di far fronte alla necessità impellenti di incrementi delle superfici produttive, ma non di impiantare attività ex novo. È quanto invece previsto per il nuovo stabilimento, che non si limiterebbe a proseguire l’attività in essere, ovvero la lavorazione e la piegatura di lamiere, ma prevederebbe una linea produttiva del tutto nuova per produrre pannelli compositi: una nuova attività industriale dunque, che dovrebbe essere localizzata in ambiti che i piani urbanistici dei comuni identificano come idonei a lavorazioni di questo tipo, non certo in tessuti urbanistici misti, che vedono a poca distanza attività artigianali, residenziali e agricole, oltre a servizi scolastici.
“A prescindere dalle valutazioni che verranno effettuate in sede di giudizio amministrativo, come cittadini non accettiamo che decisioni così importanti per la salute, il benessere e la sicurezza si assumano attraverso la negoziazione tra amministrazione e singole imprese,” dichiara Federico Lorini, vicepresidente del Circolo ChiariAmbiente – Ovest Bresciano APS. “Trasformazioni che modificano porzioni così estese di territorio devono collocarsi in modo trasparente nel processo di governo del territorio, perché le amministrazioni passano, ma le scelte sbagliate restano.”