Negli ultimi cinque anni l’Italia ha dimostrato di voler intraprendere un serio percorso di rivalutazione della ciclabilità, non più come semplice alternativa “green” per la mobilità individuale ma come credibile proposta per una transizione sostenibile (economicamente, socialmente, ecologicamente) di città e territori. Dopo la Dichiarazione di Lussemburgo dell’ottobre del 2015, che in sede UE ha di fatto equiparato la ciclabilità a tutte le altre modalità di trasporto, l’Italia ha mostrato un crescendo di importanti dispositivi giuridici, finanziati in modo strutturale: il riconoscimento dell’infortunio in itinere per la bicicletta (2016), il Sistema Nazionale delle Ciclovie Turistiche (2017), la Legge Quadro sulla Mobilità Ciclistica (L. 2/2018) e gli attesi emendamenti al vetusto Codice della Strada contenuti nei DL Rilancio e Semplificazioni, approvati ancora durante la Fase 1 della pandemia (2020).
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