Serve una nuova strategia nazionale che coniughi sempre più adattamento climatico, efficientamento degli edifici e sistemi di mobilità
Legambiente: “No al Decreto SalvaMilano, ennesima sanatoria edilizia originata dalla mancata piena attuazione del dettato costituzionale e, soprattutto, dalla mancata vigilanza sulla coerenza delle normative regionali con quelle nazionali”
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Legambiente torna a criticare il Decreto SalvaMilano e lo fa nel giorno in cui viene audita in Commissione Ambiente in Senato, portando in primo piano la sua posizione. Tema centrale nella discussione al centro decreto: quello di “regolarizzare” i tanti cantieri sorti nella città di Milano conformemente alla normativa urbanistica lombarda e al piano urbano della città, ma difformi dalle previsioni dell’art.41 quinquies della L.1150/42 e dell’art.8 del DM 1444.
“Il decreto SalvaMilano – dichiara Domenico Fontana, responsabile rigenerazione urbana Legambiente – maschera una nuova sanatoria edilizia che non è accettabile né per il futuro del capoluogo milanese né per lo scenario urbanistico nazionale. Il “caso Milano” è sostanzialmente un problema originato dalla mancata piena attuazione del dettato costituzionale perché la legge urbanistica regionale non è coerente con le norme di principio nazionali. Il tutto reso ancor più ingarbugliato dalle modifiche apportate nel 2020 alla definizione di “ristrutturazione edilizia” nel Testo unico dell’Edilizia che ha reso possibile anche ampliare le cubature nel caso in cui ciò sia previsto dalle normative urbanistiche e dai piani. Senza nemmeno dover chiedere il Permesso di costruire”.
Legambiente sottolinea il DDL 1309, però, non può rappresentare una soluzione. Secondo la “interpretazione autentica” prevista dalla norma, infatti, il problema consisterebbe semplicemente nella errata interpretazione che si è fatta delle norme nazionali negli ultimi sessant’anni. A parte l’illogicità di una “interpretazione” così tardiva, che appare una forma surrettizia di sanatoria non dichiarata, se il problema posto dal caso Milano si dovesse chiudere in questo modo, la necessità di una revisione dei rapporti costituzionali tra i tre diversi ambiti, governo del territorio, urbanistica, edilizia, verrebbe forse definitivamente, rimossa. Peraltro, nel peggiore dei modi, cioè riconoscendo una sorta di primazia dell’edilizia sugli altri due ambiti. Ciò rafforzerebbe l’attuale pericolosissimo andazzo per cui si sta sempre più affermando una idea di rigenerazione fatta esclusivamente della sovrapposizione d’interventi edilizi.
“La città del futuro – aggiunge Fontana – dovrà essere capace di adattarsi al cambiamento climatico e di contrastarlo attraverso l’efficientamento degli edifici e dei sistemi di mobilità; dovrà prevenire o almeno mitigare i rischi di tipo idrogeologico e derivanti dalle isole di calore; dovrà essere più giusta e inclusiva fornendo servizi più efficienti e diffusi ma soprattutto frenando il processo in corso di espulsione dei soggetti più deboli, anziani, giovani coppie, studenti, che non trovano più sul mercato offerte di case adeguate alle loro disponibilità economiche. È piuttosto intuitivo che nessuno degli obiettivi elencati potrà essere colto per semplice sommatoria di interventi edilizi”.
“Milano, interpretando la norma regionale, ha attratto grandi capitali per lo sviluppo di investimenti ad alto prestigio e a costi ridotti per gli operatori,” dichiara Barbara Meggetto, presidente Legambiente Lombardia. “Il futuro della città di Milano non è quello di giocare al ribasso degli oneri per favorire operazioni speculative: le grandi sfide del prossimo futuro, dalla mitigazione e adattamento a un clima che cambia, alla coesione sociale, richiedono importanti investimenti pubblici, incompatibili con il ‘modello Milano’ così come portato alla luce questa vicenda. Per questo, l’apertura del Consiglio Comunale milanese alla proposta di sanatoria nazionale votata lunedì non può che vederci contrari.”
L’ufficio stampa di Legambiente: 3496546593 Luisa Calderaro capo ufficio stampa