Mobilitazione sabato 21 Maggio. Le organizzazioni aderenti: “L’approvazione di una tassonomia in cui gas fossile e nucleare sono inseriti come investimenti sostenibili ed equiparati alle rinnovabili sarebbe un colpo al cuore per la transizione ecologica”
#NotMyTaxonomy: non la mia tassonomia. Questo l’hashtag che unisce gli ambientalisti d’Europa, pronti a scendere in piazza per manifestare il loro dissenso contro il progetto di Tassonomia verde UE, tra giugno e luglio al voto a Strasburgo. Dalla Francia alla Germania, dal Belgio alla Grecia, gli aderenti all’iniziativa si ritroveranno sabato 21 maggio nei pressi delle sedi di rappresentanza delle istituzioni europee nei rispettivi Paesi. Anche in Italia una coalizione di 27 sigle, traassociazioni, comitati e movimenti ecologisti, aderisce alla mobilitazione con eventi organizzati a Roma e a Milano: slogan della giornata “Gas E Nucleare, Menzogna Letale”.
L’appuntamento di Milano è alle ore 17.00 in Corso Magenta 61, Palazzo delle Stelline, per un flashmob che punta a smascherare le menzogne di politici e istituzioni. Nei prossimi due mesi il Parlamento europeo prenderà in esame e voterà un progetto di Tassonomia verde, in cui gas fossile e nucleare sono inseriti come investimenti sostenibili ed equiparati alle energie rinnovabili.
«In un contesto in cui il cambiamento climatico continua la sua corsa e l’obiettivo del contenimento dell’innalzamento della temperatura globale entro 1,5° si allontana sempre più, non possiamo tollerare che una risorsa inquinante come il gas fossile, né una tecnologia pericolosa come il nucleare vengano rilanciate quali investimenti sostenibili, togliendo fondi alle rinnovabili e all’efficientamento energetico – dichiarano le sigle ambientaliste aderenti alla mobilitazione italiana – Considerati, inoltre, il perdurare del conflitto in Ucraina e il caro bollette che acuisce la povertà energetica, le istituzioni sono chiamate a fare scelte che diano impulso a nuovi modelli di sviluppo democratico. Modelli che creino riscatto per i territori e che siano incentrati sulla produzione locale e diffusa di energia, attraverso fonti realmente sostenibili quali il vento, il sole, l’acqua e la terra».
Secondo la coalizione di sigle che aderisce alla protesta, l’approvazione dell’attuale progetto di Tassonomia verde UE si configurerebbe quale grande operazione di greenwashing dietro cui, in realtà, si nasconde un gravissimo attacco alle fonti rinnovabili, dal momento che per decenni distoglierebbe i potenziali investimenti da energie pulite, reti e accumuli verso le infrastrutture del gas e possibili nuove centrali nucleari, condannando i cittadini europei all’utilizzo o di una fonte inquinante e climalterante o ad una rischiosa almeno fino al 2050/60, tempi incompatibili persino con gli obiettivi climatici europei.
La giusta transizione ecologica non contempla gas fossile e nucleare. In particolare, il metano, la cui combustione peggiora l’attuale emergenza climatica, ha un effetto climalterante fino a 83 volte superiore alla CO2 se disperso direttamente nell’aria. Come già denunciato durante un’altra mobilitazione collettiva, “A tutto gas ma nella direzione sbagliata”, la scelta di includerlo nella Tassonomia verde evidenzia una mancanza di visione, sia nell’affrontare il phase-out dal carbone al 2025, sia nel fronteggiare emergenze attuali già descritte: la soluzione, sostengono le organizzazioni ambientaliste, non può risiedere in un aumento di infrastrutture e utilizzo di gas fossile, né in strategie di diversificazione degli approvvigionamenti, ma in interventi concreti per l’efficienza energetica, la riduzione dei consumi e la diffusione delle energie rinnovabili, ad oggi ancora in larga parte bloccate nel nostro Paese, oltre ai necessari investimenti su reti e accumuli, compresa la valorizzazione dei pompaggi esistenti.
Allo stesso modo, il nucleare non può essere una soluzione credibile alle sfide che abbiamo di fronte. Nella migliore delle ipotesi, infatti, in Italia occorrerebbero almeno 15 anni per realizzare una centrale. Inoltre, gli altissimi costi che lo sviluppo del nucleare comporta non porterebbero a un reale abbassamento dei costi dell’energia in bolletta, togliendo risorse allo sviluppo delle energie rinnovabili che consentirebbero invece di intervenire sulla crisi climatica sin da subito. Eppure, oggi, la media di energia installata in Italia è di 1 GW l’anno, a fronte degli 8 GW che occorrerebbero per arrivare ai 70 GW necessari a raggiungere gli obiettivi al 2030. Altro elemento da considerare sarebbe inoltre la costruzione di una nuova dipendenza dall’estero, così come accaduto per il gas russo, per le importazioni di uranio e/o torio. Infine, le organizzazioni ambientaliste sottolineano come gli ultimi avanzamenti tecnologici non abbiano risolto i problemi di sicurezza che caratterizzano il nucleare, lasciando insolute diverse questioni legate allo smaltimento delle scorie radioattive e agli effetti causati da potenziali incidenti.
Continuare a perseguire la medesima strada non è la soluzione alle attuali emergenze e può rappresentare, di contro, un pericolo per la sicurezza e lo sviluppo sostenibile dei nostri territori: ne sono esempio concreto il progetto del mega gasdotto “Linea Adriatica” da Sulmona (AQ) a Minerbio (BO), o la trasformazione dell’Emilia-Romagna in hub italiano del gas, con decine di infrastrutture in realizzazione. Ancora, la riapertura delle centrali a carbone, la metanizzazione della Sardegna e la realizzazione di rigassificatori che, secondo l’ultimo decreto, potranno godere di deroghe a qualsiasi procedura autorizzativa, saltando così le valutazioni di impatto ambientale e i processi di consultazione pubblica e questo malgrado si parli di impianti a rischio incidente rilevante.