La Francia ha una exit strategy dai PFAS, l’Italia – e la Lombardia – no.

I tracciati di contaminazione tipici dei PFAS (fonte: European Environment Agency)

di Lorenzo Baio*

In pochissimo tempo, due anni e mezzo circa, grazie alla mobilitazione del mondo associazionista, politico, scientifico e dei media, la Francia ha deciso di dotarsi di una seria normativa che limiti l’utilizzo di PFAS in alcuni beni di “seconda” necessità” quali cosmetici, prodotti a base di cera, impermeabilizzanti per abbigliamento, vestiti e prodotti tessili. Ieri infatti, giovedì 20 febbraio, i parlamentari hanno votato un disegno di legge volto a proteggere la popolazione dai rischi associati ai PFAS.

Proprio pochi giorni fa Legambiente Lombardia ha affrontato il tema di questi inquinanti emergenti con un seminario dedicato, mettendo in luce le carenze normative lato italiano e chiedendo a Regione Lombardia di farsi promotrice di un tavolo di lavoro che anticipi il problema dell’uscita dai PFAS di importanti settori produttivi. Attendiamo con fiducia un segnale concreto da parte del governo regionale ma, come la Francia ha voluto indicare, c’è anche bisogno di una riflessione più allargata.

Ricordiamo che una delle caratteristiche più distintive di questi composti, o dei prodotti di trasformazione di molti PFAS noti come precursori (i PFAS acidi) è la loro persistenza nell’ambiente. A differenza di molti altri composti organici, i PFAS acidi non subiscono facilmente processi di biodegradazione, e sono resistenti alla decomposizione da parte di organismi viventi o di processi chimici naturali. I PFAS, quindi, sono composti estremamente utili per gli scopi per cui sono stati pensati e sintetizzati, ma caratterizzati da intrinseca persistenza a lungo termine nell’ambiente. Diversi studi hanno dimostrato che i PFAS possono accumularsi nell’ambiente, penetrare negli organismi viventi e persino trasmettersi attraverso le generazioni, sollevando tra gli esperti numerose preoccupazioni sulla vulnerabilità della catena alimentare e sulla possibile esposizione umana a lungo termine, innescando dibattiti etici e scientifici sulla gestione responsabile di tali sostanze.

*vicepresidente di Legambiente Lombardia

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