Un settore strategico della transizione ecologica sempre più condizionato da ritardi e inadempienze. A quando un cambio di passo?
Legambiente: “I tagli al trasporto collettivo si traducono in ulteriori costi che graveranno su altri settori, TPL e ferrovie sono un bene comune prioritario, non un territorio di caccia per equilibrismi finanziari.”
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Ritardi, inadempienze, incidenti, pendolari sempre più demoralizzati. La qualità della vita e dell’ambiente che si deteriora in attesa di un bus o di un treno che troppo spesso non arriva o ritarda.
È questo il quadro in cui, anche in Lombardia, lo sciopero del Trasporto Pubblico Locale proclamato da numerose sigle per l’intera giornata di venerdì 8 assume un senso che va oltre la mera rivendicazione sindacale sul rinnovo del contratto, ma evidenziando con attenzione i tagli ipotizzati dalla manovra finanziaria, che infieriranno sulla già scadente qualità del servizio e dei mezzi.
Il TPL, vettore cruciale della transizione ecologica ed energetica, non fa che subire tagli e ridimensionamenti, al punto da non risultare più attrattivo né come servizio né come ambito occupazionale. Gli € 1,5 Mld. di tagli contestati dai sindacati negli ultimi dieci anni rischiano di generare ulteriori spese, anziché l’ipotesi di risparmio per la quale sono stati decisi: costi ambientali e sociali che finiscono per pesare su altri piatti della bilancia dei pagamenti.
In Lombardia, la spending review chiesta dal governo ai ministeri per la prossima manovra comporterà il taglio di due importanti finanziamenti al TPL: l’accordo di programma per € 11 Mln per il prolungamento della M1 di Milano fino a Monza sarà decurtato di € 7 Mln, mentre la metropolitana leggera di Brescia dovrà fare a meno di € 3 Mln destinati alla sua gestione nel prossimo triennio.
Dove non si vede l’inesorabile degrado del TPL, c’è il baratro nel quale dopo un decennio di incuria è precipitato il trasporto su scala regionale. Gli investimenti di Regione Lombardia, pur se maggiori che in altre regioni, devono gestire una rete altrettanto importante, che ha bisogno sia una visione politica che non tenga solo conto delle esigenze manutentive, ma di un valore sociale e di una priorità del trasporto collettivo sulle altre modalità che sembra mancare, guardando ad esempio al tracollo del servizio di Trenord.
Anche sul terreno del trasporto regionale c’è poi la disattenzione del governo nazionale, ma l’impressione è che in Lombardia l’investimento regionale non sia gestito per soddisfare le esigenze dei cittadini che, inevitabilmente, scelgono sempre più l’automobile privata per spostarsi, non fidandosi di un sistema che mette a rischio la produttività invece di sostenerla. Già nel 2022 il tasso di motorizzazione regionale aveva superato il livello raggiunto nel 2019 in tutti i capoluoghi lombardi.
L’attuale raffica di interventi organici su ventisette tratte ferroviarie lombarde – per il “passante” milanese si dovrà attendere la primavera – rischia di non cogliere l’urgenza, anche se potrebbe sembrare il contrario: difficile recuperare il ritardo infrastrutturale aggiungendo disagi negli orari di esercizio, o sopprimendo il servizio durante i cantieri.
Serve quindi una pianificazione a lungo termine non solo della cantierizzazione, con il minimo di disservizio a fronte di lavoro su turni, ma anche uno scenario gestionale che inizi da subito a integrare ferro, gomma, condivisione e ciclabilità, con una gestione della multimodalità e della intermodalità davvero innovativa, da tempo invocata ma mai realizzata.
Il rischio di interventi intempestivi e poco coerenti è la progressiva sparizione del trasporto collettivo dallo scenario della mobilità, anche nei centri urbani, con riflessi negativi non solo sull’ambiente, ma sull’economia più in generale.
“Di fronte ad uno sforzo che va riconosciuto, non si vede ancora il cambio di passo che valorizzi gli investimenti,” commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “I disagi quotidiani sono troppi per rinnovare la credibilità nel trasporto collettivo. Servono investimenti davvero green, evitando ad esempio gli sprechi della Brescia-Edolo con l’idrogeno che rischia di essere un boomerang più che un’innovazione opportuna, per non parlare dei soldi sprecati in infrastrutture per un trasporto su gomma a sua volta male interpretato nelle sue reali potenzialità.”