Il territorio delle province di Milano, Bergamo e Brescia in 10 anni ha ceduto al cemento oltre 3500 ettari di suolo, prevalentemente agricolo.
La logistica imperversa nei territori agricoli che fiancheggiano la nuova autostrada, generando nuovo traffico senza alleggerire la rete stradale esistente.
Scarica questo comunicato stampa
A 10 anni dalla sua costruzione, l’autostrada BreBeMi è diventata esattamente quanto gli ambientalisti paventavano negli anni che hanno preceduto i cantieri: un grande attrattore di cemento.
La grande opera, la cui realizzazione ha causato la perdita secca di 500 ettari agricoli, secondo i dati del Centro Ricerche sui Consumi di Suolo, continua ad essere una ferita aperta lungo la dorsale su cui si sviluppa gran parte del nuovo ‘capannonificio’ lombardo: le tre province in cui ricade l’opera – Milano, Bergamo e Brescia – nell’ultimo decennio, hanno regalato ben 3535 ettari di suolo agricolo al cemento (il 55% del dato complessivo regionale), e di questa emorragia i comuni allineati lungo i 62 km dell’autostrada oltre che delle opere ad essa connesse sono protagonisti indiscussi.
Scorrendo i dati di ISPRA, i numeri di ettari trasformati in capannoni nei comuni della Brebemi è un rosario di suoli consumati: in provincia di Milano spiccano Pozzuolo Martesana (59 ettari persi in dieci anni), seguita da Segrate (42 ettari), Cassano d’Adda (37 ettari), Pioltello (32 ettari) e Gessate (25 ettari). Non è da meno Bergamo, con i 51 ettari persi a Covo, i 44 a Casirate, i 43 a Calcio, 33 a Caravaggio, 27 a Cividate al Piano, 26 a Cortenuova. E poi c’è Brescia, con 54 ettari di suolo consumato a Chiari, 44 a Travagliato, 30 a Ospitaletto, 29 a Castrezzato. Sono solo le punte di tanti iceberg, costituiti da una sequenza di insediamenti, prevalentemente di logistica industriale, che stanno cingendo d’assedio un territorio che, con l’avvento della BreBeMi, è diventato un discount di suoli, a disposizione delle multinazionali dell’immobiliare logistico perennemente in cerca di terreni a basso costo e facile trasformabilità.
Dati che spiegano anche i numeri, ancora piccoli ma in crescita, del traffico che inizia a prendere forma e sostanza: dal 2018, secondo i dati AISCAT, cresce il numero di veicoli-km per quanto riguarda i veicoli leggeri (+6% annui), ma cresce soprattutto il traffico commerciale pesante (+10% annuo), con il suo carico di inquinanti: l’autostrada, che doveva decongestionare l’A4 e il traffico locale, non ha fatto nulla di tutto ciò ma in cambio sta sviluppando ‘il suo’ traffico, che si somma, anziché sostituirsi, a quello preesistente, peggiorando così il quadro ambientale del territorio. Beninteso, si tratta ancora di volumi di traffico che certo non richiedevano un’opera autostradale del calibro e delle dimensioni della BreBeMi, con le sue opere mastodontiche e le sue tre corsie per senso di marcia, simbolo dello spreco di risorse economiche, oltre che territoriali e ambientali.
“La Brebemi è il simbolo di una regione che da tempo ha rinunciato a governare il proprio sviluppo, generando infrastrutture che si trasformano in ‘attrattori’ di investimenti speculativi,” afferma Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Di fatto, BreBeMi è diventata esattamente questo: non un servizio per i cittadini che, potendo scegliere, evitano di pagare gli esosi pedaggi dell’autostrada più cara d’Italia, ma una infrastruttura di servizio per lo sviluppo immobiliare della logistica, cresciuta in modo totalmente sregolato, ingombrando il territorio di capannoni, sorti in modo disordinato su terreni agricoli, ma disponendo di una enorme rampa di accesso, nella forma di un’autostrada privata”