Legambiente: “In una regione che da decenni esegue gli ordini della lobby venatoria, il populismo corporativo non è la risposta giusta all’assenza di una seria gestione degli ecosistemi.”
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Aver scomodato anche l’esercito non è bastato a contenere la crescita numerica dei cinghiali, ma è bastato oggi per veder proliferare una protesta arrivata fin sotto Palazzo Lombardia, con pochi argomenti in più del far parlare i fucili.
Il presidio promosso oggi da Coldiretti a Milano davanti a Regione Lombardia mette sul tavolo ingenti danni alle coltivazioni, incidenti stradali con morti e feriti e pericoli per la salute e la sicurezza delle persone, insieme alla richiesta di applicare il Piano Straordinario per la Gestione e il Contenimento della Fauna Selvatica pubblicato dal Ministero dell’Ambiente dello scorso giugno, che in sostanza permette l’uso di armi di ogni tipo di calibro, visori notturni, termocamere, infrarossi, utili a scovare gli animali in ogni dove.
Ma tace sulle pratiche venatorie che sono le principali responsabili della introduzione e della diffusione dei cinghiali, con liberazioni e pasturazioni, al fine di aumentarne la popolazione, e il ricorso a pratiche di caccia, come la braccata, che forse sono molto appaganti per gli appassionati, ma non sono selettive e anzi favoriscono la diffusione della specie.
“Ancora una volta in questa Regione si corre ai ripari dopo aver causato il danno,” dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Sappiamo tutti che una grossa responsabilità di questa situazione è dovuta al mondo venatorio, a cui certo l’istituzione regionale non ha mai lesinato trattamenti di favore. Chiedere ora la militarizzazione dei campi non porterà risultati e aumenterà il pericolo e i danni alla biodiversità. Chiediamo all’Assessore all’agricoltura di pesare le proprie affermazioni, senza la natura nessuno ha futuro. La gestione della fauna selvatica e degli ecosistemi è un affare serio e complesso, non certo una chiacchiera da osteria.”