Una mega ‘fabbrica di uova’ potrebbe sbarcare a Casei Gerola: le deiezioni di 211.000 galline ovaiole minacciano la qualità dell’aria e la salute, con impatti anche sul vicino territorio piemontese
Legambiente: “Progetto obsoleto e dannoso, con poche ricadute occupazionali. Nessun beneficio per il territorio a fronte di un peggioramento della criticità ambientale.”
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Quando si parla di allevamenti intensivi, la Lombardia è di gran lunga la regione italiana (ed europea) dei record: in nessun altro luogo d’Europa si concentra un simile carico di animali allevati. In genere si parla del primato lombardo per l’allevamento bovino da latte (di cui la nostra regione produce quasi un terzo di tutto il latte nazionale) e dei suini (presenti in Lombardia con metà della produzione nazionale), ma c’è anche un terzo settore di allevamento industriale in cui la nostra regione pare intenzionata a consolidare il proprio primato, ed è quello delle galline ovaiole.
Con quasi dieci milioni di galline stipati in enormi capannoni industriali, la Lombardia contende al Veneto il record nazionale di produzione di uova, un primato che verrebbe definitivamente consolidato se venisse approvato l’ennesimo progetto di allevamento intensivo, che riguarda il comune di Casei Gerola (PV), al confine con la provincia di Alessandria.
Il nuovo allevamento verrebbe realizzato a soli 300 metri dalle prime case del comune piemontese di Molino dei Torti, che sarebbe quello più a rischio di essere invaso dai miasmi provenienti dai capannoni d’allevamento e dalle vasche di pollina. C’è però un ostacolo alla realizzazione di questo allevamento, ed è il Piano di Governo del Territorio del Comune di Casei Gerola che, molto opportunamente, richiede che gli allevamenti dispongano di terreni coltivati a sufficienza per produrre almeno la metà del fabbisogno mangimistico.
Una condizione, questa, non rispettata dal mega-allevamento di ovaiole, che invece importerebbe la totalità delle razioni di mangime necessarie a rimpinzare galline ad alta produttività, in grado di produrre almeno trecento uova all’anno: più che un’attività agricola, siamo in presenza di una vera e propria ‘fabbrica di uova’, priva di qualsiasi legame con le colture del territorio, e che, con i suoi capannoni, cancellerebbe 35.000 mq di terreno agricolo.
“È ora di dire basta alle autorizzazioni per nuovi allevamenti intensivi in Lombardia,” dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “È ormai sempre più evidente che il settore dell’allevamento fornisce un contributo determinante al deterioramento della qualità dell’aria nella nostra regione. Occorre riequilibrare il carico zootecnico, riducendo il numero di animali e migliorando le condizioni in cui sono allevati.”
Anche a livello locale gli attivisti di Legambiente si oppongono al progetto, contestando il rilascio dell’autorizzazione attraverso il grimaldello della SUAP (sportello unico per le attività produttive), con cui verrebbero superate le regole del piano urbanistico comunale, e la procedura con cui si punta ad evitare la Valutazione d’Impatto Ambientale.
“Questo progetto si colloca agli antipodi dell’idea di sviluppo del settore agricolo che vorremmo per il nostro territorio,” commenta Chiara Depaoli, presidente del circolo Legambiente Voghera-Oltrepò. “Un vero e proprio stabilimento industriale privo di terre coltivate, in cui entrerebbero solo materie prime di importazione e con pochissimo personale addetto. Nessun beneficio per il territorio a fronte di un peggioramento della criticità ambientale per le emissioni di odori, l’inquinamento da ammoniaca e PM10, l’utilizzo di antibiotici e la gestione delle deiezioni: ci sono molti punti poco chiari nella documentazione consegnata dai proponenti, chiediamo che si proceda ad una valutazione approfondita e che non si prendano scorciatoie rispetto alle regole stabilite dal PGT comunale.”